La fotografia è collezionismo?
Queste considerazioni mi sono scaturite mentre leggevo un libro sul collezionismo d'arte (il catalogo di una mostra tenutasi a Parma molti anni fa: La collezione Pizzi, una quadreria del seicento - FMR editore) e mentre leggevo questa sorta di disamina sulla psicologia del collezionista, mi son chiesto: ma allora, anche la fotografia è in un certo senso una forma di collezionismo ? E non intendo con questo chi si dedica ad appendere alle pareti della sua casa ricercate fotografie d'autore, intendo proprio l'atto del fotografare, il processo dello scattare fotografie e tenerle poi in ordine e con cura nel proprio archivio personale.
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Perchè fotografiamo ? Personalmente, fotografo per catturare un'emozione, per catturare un aspetto della bellezza che mi circonda, quindi fotografare è una sorta di collezione di emozioni, e come un collezionista vado in giro a cercare queste emozioni, a cercare con cura luoghi ricchi di bellezza che possano trasmettere le emozioni che cerco, e quindi fotografo con cura, cerco di cogliere il lato migliore di quello che cattura la mia attenzione.
E poi l'atto di collezionare non si esaurisce con lo scatto, una volta a casa, le fotografie scattate vengono accuratamente selezionate, messe in ordine e poi "sistemate", ritoccate, opportunamente manipolate, perchè la fotografia non è un mero esercizio meccanico di catalogazione della realtà, ma deve essere in definitiva uno specchio del nostro animo, quindi la fotografia nuda e cruda, la realtà fisica, va adattata, va plasmata, va arricchita con i contenuti del nostro sentire, con le nostre emozioni, con i nostri pensieri, le proprie visioni, le proprie inquietudini ed i propri sogni, perche' il paesaggio che si vuole fotografare non è quello che stà la fuori, ma quello che stà qui dentro, dentro di noi, ed il paesaggio ne è essenzialmente uno specchio, cerchiamo noi stessi riflessi nel mondo che ci circonda.
Così come un collezionista, un qualsiasi collezionista, attraverso gli oggetti che raccoglie, che cerca, che sceglie con meticolosa cura e che mette con soddisfazione in bella mostra in casa propria, in questo modo racconta di sè e delle sue passioni, della sua vita e dei suoi sogni, così un fotografo colleziona emozioni e momenti di vita, che raccontano di sè, della propria vita e dei propri ideali. Attraverso il collezionismo, la propria casa diventa una sorta di museo dove ad essere messo in mostra è il proprio animo, spesso il proprio ideale di vita, il proprio spirito che guida, più o meno consciamente, le azioni più sublimi e creative della propria esistenza. Così la nostra collezione, la nostra casa, diventa una specie di autobiografia che a volte può essere mille volte più esaustiva di un fiume di parole e per chi fa fotografia, il proprio archivio diventa la propria autobiografia, il racconto della propria anima e del suo arricchimento, del proprio percorso e delle sue istintive ed autentiche predisposizioni.
"... scieglie di preferenza, nei quadri, il protagonista unico, la voce sola, un cielo che si oscura sul corpo livido di un martire in scorcio audace, la vaghezza immaginativa, il tema della purificazione, la seduzione, quasi considerando che quei quadri non saranno esposti in un museo dove opere opposte e rivali, per soggetto e stile, sono messe a confronto, ma andranno ad esprimersi, nel contesto riservato della propria casa, davanti a un amatore in stato di grazia cui l'aria agile della giovinezza, il patetismo o la voluttà, la frenesia o la gracilità, la psicologia indiscreta e il puro ideale di bellezza, un luogo intenso o disadorno dipinti da maestri diversi provocheranno un ammiccamento insinuante, un'attrazione eccitante che fa socchiudere gli occhi e che si riversa nel piacere estetico sollecitando i lati più reconditi e oscuri dell'immaginazione." (parole di Lucia Fornari Schianchi, dal catalogo precedentemente citato).
Queste parole, riferite ad un collezionista di quadri d'epoca, estrapolate, mi paiono calzare alla perfezione anche a chi si dedica alla fotografia, a chi come me colleziona emozioni e visioni, a chi nel privato della sua confortevole abitazione cesella le proprie fotografie fino ad ottenere quell'immagine che ha in testa e che soddisfa il suo godimento estetico, quell'immagine nella quale si rispecchiano i suoi moti dell'animo. Chi di voi non si sente coinvolto in queste parole, in questa descrizione quasi poetica del collezionismo ?
Naturalmente questo discorso vale per chi ha la fortuna di fotografare per passione e per piacere, probabilmente vale di meno per chi fa della fotografia il proprio mestiere: un discorso è seguire le proprie passioni ed i propri sogni, un altro è dover sottostare a delle richieste per dover vendere dei prodotti, ed il collezionismo è sempre frutto di una grande passione !
"C'è infine, ed è la categoria regale dei veri grandi collezionisti, il tipo dell'amatore puro. L'amatore puro è un uomo colto, s'intende. E' una persona che ha letto molti libri e ha visto molte cose. Non è necessario che sia uno storico dell'Arte. Anzi, è meglio che non lo sia perchè lo specialismo professionale deve venire "dopo" e non "prima". Prima ci deve essere "l'innamoramento" e cioè quel quid misterioso che lega l'occhio che guarda alla cosa che è guardata." (parole di Antonio Paolucci, dal catalogo precedentemente citato). Ed io amo quello che fotografo, non fotograferei mai cose che non mi coinvolgono, se lo facessi otterrei pessimi risultati, ho provato ed è proprio così ! Quando viaggio, quando cammino, quando esploro, quando pratico quella specie di "battuta di caccia" che è la pratica della fotografia, succede che venga colto da improvvise "visioni mistiche" : è come se un dardo scagliato da qualche misterioso amorino mi colpisse fulmineamente al cuore, una ferita che posso rimarginare solo sublimando quella visione in una fotografia, ed il cuore continua a sanguinare se non ci riesco !
Il fotografo è quindi, almeno psicologicamente, un collezionista ? Io penso di si, alla grande! Un collezionista, un visionario, un perenne innamorato... un folle insomma!
Tant'è vero che il mio istinto da collezionista si esprime anche in altre raccolte, ad esempio nel collezionare Tarocchi, pietre e sassi, miniature di soldatini medievali, libri ed altre amenità. I libri poi sono una vera e propria "confessione", la libreria è una finestra aperta sulla propria interiorità, i miei libri al pari delle mie fotografie sono letteralmente un testamento spirituale. Un libro che non mi è piaciuto, che non si accorda al mio modo d'essere, non lo tengo in libreria, non lo tengo nemmeno in casa, cerco al più presto di rivenderlo o di regalarlo.
Le fotografie che ho scelto per accompagnare queste parole sono state scattate il giorno di Natale 2022, mentre percorrevo la strada verso il passo della Cisa, uno dei miei territori di "caccia" preferiti quando ci sono giornate nebbiose come queste. La strada infatti corre a cavallo di alcune vallate, elevandosi sopra di esse, offrendo balconi panoramici e vedute spesso mozzafiato su paesaggi che sembrano selvaggi e primordiali. Se non fosse per la strada stessa nelle inquadrature, sembrerebbe infatti di essere in qualche luogo selvaggio e remoto del pianeta. Siamo invece a cavallo della Val Taro, della Val Sporzana e della Val Baganza, nell'appennino parmense.
Sono paesaggi fumosi, dai confini indefiniti, dove gli elementi, dove cielo e terra sembrano dialogare e mischiarsi, dove le luci giocano misteriosamente con le tenebre, paesaggi un po' oscuri e dai toni drammatici, che amo in particolar modo. Sono paesaggi che colleziono sempre volentieri, un vero e proprio nutrimento per il mio animo inafferrabile e indefinibile, come queste nebbie.
Questi paesaggi sono il mio specchio.
Is photography collecting?
These considerations arose while I was reading a book on art collecting (the catalog of the exhibition The Pizzi collection, a seventeenth-century picture gallery - FMR editore) and while I was reading a sort of examination on the psychology of the collector, I asked myself: but then, is photography also in a certain sense a form of collecting? And by this I don't mean someone who dedicates himself to hanging refined art photographs on the walls of his house, I really mean the act of photographing, the process of taking photographs and then keeping them in order and with care in his personal archive.
Why do we photograph? Personally, I photograph to capture an emotion, to capture an aspect of the beauty that surrounds me, so photographing is a sort of collection of emotions, and like a collector I go around looking for these emotions, carefully looking for places full of beauty, places able to offer the emotions I'm looking for, and therefore that I photograph with care, trying to capture the best side of what captures my attention.
And then the act of collecting does not end with the shot, once at home, the photographs taken are carefully selected, put in order and then "arranged", retouched, suitably manipulated, because photography is not a mere mechanical exercise of cataloging of reality, it must ultimately be a mirror of our soul, therefore naked and raw photography, physical reality, must be adapted, must be shaped, must be enriched with the contents of our feelings, with our emotions, with our thoughts, one's visions, one's anxieties and one's dreams, because the landscape one wants to photograph is not what is out there, but what is inside here, inside us, and the landscape is essentially a mirror of it, we try ourselves reflected in the world around us.
Just as a collector, any collector, through the objects that he collects, that he searches for, that he chooses with meticulous care and that he puts on display with satisfaction in his own home, in this way tells about himself and his passions, his life and of his dreams, so a photographer collects emotions and moments of life, which tell about themselves, their interiority and their ideals. Through collecting, one's home becomes a sort of museum where one's soul is put on display, often one's ideal of life, one's spirit that guides, more or less consciously, the most sublime and creative actions of one's existence . So our collection, our home, becomes a kind of autobiography that can sometimes be a thousand times more exhaustive than a river of words and for those who take photography, their archive becomes their autobiography, the story of their soul and its enrichment, of one's own path and of one's instinctive and authentic predispositions.
"... prefers to choose, in the paintings, the sole protagonist, the single voice, a sky that darkens over the livid body of a martyr in a bold glimpse, imaginative vagueness, the theme of purification, seduction, almost considering that those paintings will not be exhibited in a museum where opposing and rival works, by subject and style, are compared, but will be expressed, in the reserved context of one's own home, in front of an amateur in a state of grace to whom the agile air of youth , pathos or voluptuousness, frenzy or gracility, indiscreet psychology and the pure ideal of beauty, an intense or unadorned place painted by different masters will cause an insinuating wink, an exciting attraction that makes one squint and pour in aesthetic pleasure soliciting the innermost and darkest sides of the imagination." (words by Lucia Fornari Schianchi, from the previously cited catalogue).
These words, referring to a collector of period paintings, extrapolated, seem to me to fit perfectly even those who dedicate themselves to photography, those like me who collect emotions and visions, those who in the privacy of their comfortable home carve their photographs up to to obtain that image that he has in mind and that satisfies his aesthetic enjoyment, that image in which his movements of the soul are reflected. Who among you does not feel involved in these words, in this almost poetic description of collecting ?
Naturally this speech applies to those lucky enough to photograph for passion and pleasure, probably it is less true for those who make photography their job: it is one thing to follow one's passions and dreams, another is having to submit to requests to have to sell products, and collecting is always the result of a great passion!
"Finally, and it is the royal category of truly great collectors, there is the pure amateur type. The pure amateur is a cultured man, of course. He is a person who has read many books and seen many things It is not necessary that he is an art historian. Indeed, it is better that he is not because professional specialization must come "after" and not "before". First there must be "falling in love" and that is that mysterious quid that bind the eye that sees to the thing that is seen." (words by Antonio Paolucci, from the previously cited catalogue). And I love what I photograph, I would never photograph things that don't involve me, if I did I would get bad results, I tried and it's just so ! When I travel, when I walk, when I explore, when I practice that kind of "hunt" which is the practice of photography, it happens that I am seized by sudden "mystical visions": it is as if a dart hurled by some mysterious cupid struck me lightning-fast to the heart, a wound that I can only heal by sublimating that vision in a photograph, and the heart continues to bleed if I don't succeed!
Is the photographer, therefore, at least psychologically, a collector? I think so, great! A collector, a visionary, a perennial lover... in short, a madman!
So much so that my collector's instinct is also expressed in other collections, for example in collecting Tarot cards, stones and stones, miniatures of medieval toy soldiers, books and other amenities. Then the books are a real "confession", the bookcase is an open window on one's inner life, my books like my photographs are literally a spiritual testament. A book that I didn't like, that doesn't fit my way of being, I don't keep it in the bookstore, I don't even keep it at home, I try to resell it or give it away as soon as possible.
The photographs I have chosen to accompany these words were taken on Christmas day 2022, as I walked down the road towards the Cisa pass, one of my favorite "hunting" territories when there are foggy days like these. In fact, the road straddles some valleys, rising above them, offering panoramic balconies and often breathtaking views of landscapes that seem wild and primordial. If it weren't for the street itself in the shots, it would in fact seem to be in some wild and remote place on the planet. Instead, we straddle the Val Taro, Val Sporzana and Val Baganza, in the Parma Apennines.
They are smoky landscapes, with indefinite borders, where the elements, where sky and earth seem to dialogue and mix, where the lights mysteriously play with the darkness, somewhat dark landscapes with dramatic tones, which I particularly love. They are landscapes that I always gladly collect, a real nourishment for my elusive and indefinable soul, like these mists.
These landscapes are my mirror.