L'impermanenza: l'esperienza dei luoghi abbandonati.
Crollò così l'era dei sogni, e venne il tempo del buio e della morte, quando gli dei si negarono al mondo. Cominciò l'era della disperazione. Le strade si persero, il vento e la sabbia divennero i signori tra le rovine delle città. Abbandonati i vecchi dei, squarciammo il freddo grigio ostile del cielo con la nostra invocazione a nuovi dei. Il cielo ora è calmo e muto. Ancora non ci hanno risposto.
(tratto dal "Canto del Drago" - Le cronache di Dragonlance di Margaret Weis e Tracy Hickman)
I luoghi abbandonati esercitano una grande curiosità ed un'attrazione quasi magnetica su una gran moltitudine di persone, ed è un fascino che affonda le sue radici nel lontano passato. Il fascino per i ruderi, per le rovine e per le vestigia di antiche "civiltà" si può rintracciare in molti artisti e scrittori del medioevo e dell'ottocento, portavoce di un sentimento assai diffuso negli animi umani, testimonianza forse che le rovine ed i luoghi abbandonati e semidistrutti rappresentano una sorta di archetipo, una simbologia che va a toccare corde molto profonde nel nostro animo profondo, ben al di là dei confini del razionale.
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